di Andrea Beato – Foto Andrea Straccini
Scopriamo da vicino Renzo Rastelli, ceo di Aran World. La storia di uomo e imprenditore, i sacrifici, le intuizioni, i successi raggiunti dalla sua azienda, sinonimo di “made in Italy” riconosciuto a livello globale.
Renzo Rastelli, la sua è una storia tutta italiana, ma dal “sapore” americano: un “self made man”, un uomo che si è fatto da solo, che da giovane calciatore professionista è poi passato a guidare e sviluppare un Gruppo conosciuto nel mondo…
«Rimasto orfano di padre a dieci anni, sono il terzogenito di una umile famiglia abruzzese. Ho studiato musica, la mia grande passione, assieme al calcio: ho imparato a suonare la fisarmonica, il pianoforte, la chitarra, il “ddu bbot”. Mi sono diplomato in ragioneria nel 1980 ad Atri (Teramo) e poi mi sono iscritto alla facoltà di Economia dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Pescara. Ricordo ancora la prestazione durante quello spareggio che nel 1981 valse al Pineto Calcio, club nella quale giocavo, il salto di categoria. Ricordo con quanta determinazione volevo portare un risultato. Ero combattivo. Quando hai fame, corri. L’aver lavorato sulla motivazione, migliorando la concentrazione e l’attenzione, cercando sempre di gestire al meglio lo stress agonistico, sia prima sia durante le partite, mi ha formato anche come persona. Quando giochi in una squadra capisci l’importanza del gruppo per il raggiungimento dell’obiettivo comune e concretizzi che la somma delle singole potenzialità risulta essere maggiore se ci sono coesione, aiuto e fiducia reciproca. Tutti questi insegnamenti sono stati fondamentali per il mio percorso di uomo e di imprenditore. Nel 1982, da un’inattesa gravidanza della mia fidanzata Donatella, oggi mia consorte da trentanove anni, è nata Erika. Al pari della gioia, finirono per crescere anche le responsabilità. Nel 1982 ho abbandonato gli studi universitari, mi sono sposato e iniziato un lavoro part-time, come ragioniere in quella che sarebbe diventata la mia azienda. Nel frattempo la nascita di altri quattro figli: Licia, Lino, Luca, Marco. Mi sono indebitato con il mio titolare per ottenere quote di un’azienda di semilavorati e, successivamente, abbiamo fondato insieme una società capace di vendere cucine all’estero. In poco tempo, quest’ultima divenne la prima azienda italiana per numero di cucine esportate, attirando l’interesse degli americani di Masco Corporation, che a seguito di una offerta rilevarono Aran World, con gli stabilimenti produttivi ad Atri e Pineto, io alla guida della divisione abruzzese. In più un’operazione di investimento che, senza saperlo, si sarebbe poi rivelata virtuosa: a Silvi Marina (Teramo) l’acquisto dell’Hotel Hermitage, una struttura alberghiera a quattro stelle che si affaccia direttamente sul mare, e l’Hotel Garden a Pineto. Dal punto di vista amministrativo e organizzativo gli americani vollero dire una vera e propria rivoluzione, con importanti ottimizzazioni di processo produttivo, controllo della qualità, aspetti in grado di farci crescere moltissimo. Con loro eravamo all’avanguardia, ancor prima dei tempi».
Il “flat pack”, il “pacco piatto”, ha rappresentato l’intuizione in grado di fare la differenza, ancora oggi uno degli elementi alla base del successo di Aran World…
«Dopo i primi viaggi all’estero feci, insieme ai miei soci, una riflessione circa la sostenibilità dei metodi di vendita italiani, anche nel lungo periodo, e la decisione fu quella di vendere i singoli componenti della cucina non assemblati. Sarebbero stati i nostri partner ad assemblare le singole parti del mobile presso gli acquirenti finali. Ci concentrammo quindi, già nel 1997, sulla regolamentazione dei consumi di risorse naturali, la riduzione dell’impatto ambientale delle attività industriali, la compensazione delle emissioni di anidride carbonica, l’ottimizzazione dei trasporti. Inoltre, il risparmio economico legato al trasporto del cosiddetto pacco piatto si rivelò enorme per i nostri partner a cui venivano addebitati i costi di logistica. Adottammo questa soluzione opzionale per i Paesi esteri e se in un container si potevano trasportare al massimo 12, 14 cucine montate, erano invece 40 i modelli stipabili in kit, evitando così le rotture che spesso avvenivano quando le distanze da percorrere su strada asfaltata erano lunghissime, come durante un viaggio in Russia».
Quali sono gli altri ingredienti del successo? Come si costruisce un perfetto bilanciamento “glocal”: forti radici nel territorio di origine con una visione e una presenza globale…
«Il pensare globale agendo locale mi ha aiutato molto nel mio percorso di imprenditore e uomo. Continuare a mantenere l’intera produzione nella zona industriale di Atri, in Abruzzo, rimane per me un punto fermo. Non solo perché dire che l’intera produzione di Aran World è 100% italiana è per noi motivo di grande orgoglio. E questo certamente all’estero, ma anche nel nostro stesso Paese. Famiglie che abitano in più di 120 Paesi nel mondo ogni anno scelgono una nostra cucina o un nostro mobile per ufficio o un nostro armadio; ciò a dimostrazione del fatto che ogni volta che entriamo in un nuovo mercato, ci adattiamo mettendo in atto tutte le misure necessarie per soddisfare i diversi gusti dei clienti, a iniziare da un design mirato. Gli ingredienti del nostro successo sono quindi la famiglia, dove condivisione e spirito di appartenenza fungono da nostre stelle polari, la passione, che ci permette di alimentare continuamente il rapporto di fiducia con i nostri partner; l’onestà, la trasparenza e l’autenticità, che ci permettono di costruire relazioni solide basate su rispetto e affidabilità; la competenza, la sostenibilità presente e futura in ambito ambientale e sociale, l’attenzione alla qualità, l’energia creativa, l’empatia coi nostri clienti e i loro desideri».
Ripercorriamo insieme gli eventi e le emozioni della sera del 21 dicembre 2005, passaggio fondamentale nella storia di Aran World…
«A pochi mesi della fine del 2005 accadde l’impensabile. Era una mattina di inizio settembre e con un preavviso strettissimo di appena una settimana, cinque persone, due americani e tre europei, atterrarono in Abruzzo e si presentarono di buon’ora in azienda. La mia preoccupazione era palpabile. Masco aveva deciso di cedere Aran World. L’incertezza del futuro anzitutto, ma anche il senso di impotenza, mi spinsero a far emergere il mio spirito imprenditoriale. Misi in gioco il mio patrimonio personale, frutto di anni di sacrificio e passione, e decisi di rilevare l’azienda, o quantomeno di provarci. Il ragionamento che feci agli americani fu diretto: gli immobili sono di proprietà italiana, il patto di non concorrenza con l’amministratore sta per scadere, i dipendenti si fidano di chi li guida. Scattarono i negoziati: l’appoggio dell’istituto di credito fu determinante nell’allentare le residue resistenze della Masco, che misero nero su bianco la cessione di Aran World Srl. A inizio 2006 chiamai a raccolta i più stretti collaboratori e comunicai loro che Aran World tornava a essere italiana. Mi indebitai per realizzare un sogno che avrebbe creato lavoro per quattrocento famiglie. Questa la mia prima sfida vinta e senz’altro la più difficile».
Che cosa ha significato l’Abruzzo per Aran World e che valore riveste ancora adesso?
«Le radici sono importanti. La nostra azienda ha sede in una terra intrisa di tesori paesaggistici di incantevole bellezza, storia, opere d’arte straordinarie, tradizioni suggestive e eccellente enogastronomia. Ci rendiamo ambasciatori di tutto ciò, consapevoli che lavoriamo in una regione che merita di essere difesa a livello ambientale e sociale, di essere ulteriormente conosciuta e più decisamente valorizzata. Ad esempio, Aran Cucine è parte integrante del progetto di lancio dell’Istituto tecnico tecnologie del legno, un nuovo indirizzo scolastico (il secondo attivo in Italia), in collaborazione con l’Università europea del design di Pescara, per la formazione nell’ambito dell’interior design».
Aran è anche “contract”. Le vostre soluzioni sono scelte per arredare i più prestigiosi grattacieli e le più affascinanti costruzioni a livello internazionale. Tra i tanti, parliamo degli interventi a New York per “432 Park Avenue”, “125 Greenwich Street”, per “20 East End Avenue”…
«Aran è oggi riconosciuta nel mondo come icona del design italiano e, grazie alla straordinaria capacità produttiva dei nostri sette stabilimenti di Atri, all’efficienza energetica e all’attenzione per i dettagli, ogni anno viene scelta per arredare non solo prestigiose residenze private di famose celebrità come Tommy Hilfiger, ma anche i più importanti grattacieli al mondo: tra gli ultimi a New York, il grattacielo 125 Greenwich Street, che si affaccia sul 9/11 Memorial, arredato con 273 cucine, 453 bagni e 923 armadi, e il 432 Park Avenue, l’edificio residenziale più alto di New York, che ha cambiato lo skyline nella zona di Midtown a Manhattan, fiore all’occhiello dell’azienda. Appartamenti lussuosissimi, i cui interni sono stati curati dal guru dell’interior design Deborah Berke, che tra i tanti marchi di pregio ha selezionato Aran per arredare ambienti cucina, bagni, camere, lavanderie, con un approccio progettuale dinamico ed equilibrato. Sempre nella Grande Mela, sono stati recentemente arredati il palazzo 200 East 59th Street, con cucine Lab13, il palazzo 261 West 25th Street e il palazzo 20 East End Avenue, disegnato dagli architetti della Robert A.M. Stern Architects, conosciuti a livello internazionale. Nel cuore di Morningside Heights, uno dei quartieri più “accademici” di New York, nel punto geografico più alto di Manhattan, con una vista straordinaria sul fiume Hudson, sulla Columbia University e sulla Riverside Church, lo studio americano Inc Architecture & Design ha scelto di costruire il Vandewater, un grattacielo residenziale che unisce architettura neogotica, art déco e design contemporaneo, scegliendo i nostri arredi sia per la zona giorno sia per la zona notte. Ancora un dato, tra gli ultimi, riguarda la fornitura di 724 cucine per un importante complesso residenziale di Shanghai. Numeri importanti che ci rendono sempre più orgogliosi».
Quanto sono importanti in Aran l’ambito della “Ricerca & Sviluppo” e le collaborazioni con archistar e designer di fama mondiale (come quelle con Ferruccio Laviani, Karim Rashid, Mario Hasuike, Stefano Boeri…)?
«Per rispondere a questa domanda uso una citazione di Ferruccio Laviani a nostro riguardo: “La cosa più bella, quando stai cercando di motivare un’azienda riguardo le tue scelte, è realizzare che esse sono già state comprese e realizzare che hai di fronte chi per primo ti supporta per averle fatte, e inizia a chiederti sempre di più e ti trovi sul punto in cui sei tu a dover mettere un freno”. Laviani ha firmato per noi cucine per il brand Rastelli, mentre Karim Rashid ha disegnato per noi sia cucine Rastelli sia una scrivania per ufficio. A sua volta il progetto della cucina Oasi è nato attraverso la conoscenza dell’architetto Stefano Boeri, designer del Bosco verticale a Milano, e dell’approccio che ha permesso al suo Studio di acquisire un’identità fortemente definita e costituirsi come punto di riferimento a livello italiano e internazionale in ambiti come l’architettura della biodiversità sostenibile, il social housing, le strategie di sviluppo urbano. La collaborazione con Makio Hasuike & Co., premiato con il Compasso d’oro alla carriera e per i 50 anni in Italia, ha dato vita a Sipario, che ha dentro sé diversi degli elementi più innovativi che hanno modificato il progetto della cucina. Alla base di tutti, oltre alla funzionalità e all’estetica, c’è un punto, un valore per noi imprescindibile: l’attenzione per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, come diritto fondamentale dell’uomo e di ogni essere vivente».
Il Covid-19 sta portando a ridisegnare il significato dello spazio che abitiamo, a definire necessità domestiche diverse da quelle a cui eravamo abituati. Come Aran World intende approcciare e fornire il suo contributo verso un “nuovo” concetto di casa?
«La grande sfida della nostra azienda è quella di migliorare la qualità della vita delle persone in casa, attraverso la continua e instancabile introduzione di innovazioni significative e sostenibili. Quindi, il fatto di produrre sia mobili da casa sia da ufficio ci ha permesso, nell’ultimo anno così straordinario, di poter rispondere alle esigenze dei nostri clienti con proposte che permettessero loro di lavorare da casa e riorganizzare i propri spazi in modo funzionale. Abbiamo trascorso tanto tempo dentro le nostre abitazioni e abbiamo avuto modo di apprezzarne i pregi e notarne i difetti. A noi il compito di soddisfare ogni nuova necessità e, soprattutto, regalare un sorriso».
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