di Andrea Beato
Arturo Diaconale, una carriera da giornalista con incursioni nella politica e nelle istituzioni… A quale di questi mondi si sente di appartenere di più?
«Sono un giornalistacon una lunga storia professionale alle spalle e tale rimango anche nel mio nuovo incarico di consigliere di amministrazione della Rai. Nel corso della mia attività ho avuto la fortuna di poter lavorarecon personaggi del calibro di Indro Montanelli, che mi hanno insegnato non solo il mestiere ma anche il valore della propria autonomia da ogni forma di condizionamento e l’importanza della coerenza delle idee e dei comportamenti. A questa linea ho ispirato la mia brevissima incursione nella politicacon la candidatura al Senato nelle elezioni del ’96 ma, soprattutto, i miei sei anni alla guida, prima da commissario e poi da presidente, del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga».
Lo scorso 4 agosto l’elezione, in quota centrodestra, nel cda Rai. Sarà un consigliere “gratuito”? Continuerà a ricoprire il ruolo di direttore dell’Opinione?
«Non esiste alcuna ragione di incompatibilità tra la carica di consigliere di amministrazione della Rai ed il ruolo di direttore de “ L’opinione”. Rivendico il pieno diritto sancito dall’articolo 21 della Costituzione di poter esprimere liberamente le mie opinioni, anche da amministratore dell’azienda radiotelevisiva pubblica , incarico che non comporta il “voto del silenzio” e che , costringendo ad assumere responsabilità civili e penali non indifferenti, non può essere in alcun modo gratuito. Anche a questo proposito la Costituzione parla chiaro».
La sua nomina ha sollevato qualche polemica, sono stati tirati in ballo i finanziamenti pubblici di cui ha goduto il suo giornale e la vicinanza a Berlusconi. Cosa risponde alle critiche?
«Non mi pento o vergogno affatto di aver garantito la sopravvivenza de “L’Opinione” usufruendo dei finanziamenti pubblici fissati da una legge della Repubblica, realizzata per assicurare il pluralismo informativo. Senza quella legge gli unici giornali ancora in piedi sarebbero quelli che hanno alle spalle i grandi centri di potere finanziario e bancario. Sarebbero morte testate come “ L’Unità”. “Il Manifesto”, “ Il Foglio” e tutte quelle altre che non sono espressione d’interessi particolari. Rivendico, anzi, il merito di aver utilizzato la legge per l’editoria per aver formato alcune decine di giornalisti che dopo l’esperienza a “L’Opinione” hanno fatto carriera nei principali giornali nazionali. Non ho nulla da rimproverarmi, poi, anche per la mia vicinanza a Silvio Berlusconi. Se è un peccato essere di cultura liberale e garantista sono un peccatore incallito. E niente affatto pentito».
Dopo il primo cda Rai che impressione ha avuto del presidente Maggioni e degli altri suoi colleghi?
«La presidente Monica Maggiori è una valida professionista dell’informazione e il mio rapporto con lei è di rispetto e di stima. Lo stesso vale per gli altri consiglieri che, a mio parere, formano una squadra di qualità».
Come immagina la Rai del futuro? Si riuscirà finalmente a renderla un’azienda non lottizzata?
«La lottizzazione è figlia di un’epoca superata in cui l’azienda è stata “occupata” per trasformarla nell’ammortizzatore sociale del mondo degli intellettuali legati ai partiti militarizzati di un tempo. Quei partiti non ci sono più e la Rai può più facilmente svolgere la sua funzione di servizio pubblico diventando lo specchio corretto e non deformato dell’intera società italiana, nel rispetto di quel pluralismo che è alla base della democrazia».
La serata di Porta a Porta con ospiti in studio due esponenti del clan Casamonica ha sollevato un acceso dibattito sul ruolo del servizio pubblico. Vespa, altro celebre abruzzese, è dovuto correre ai ripari con una puntata “riparatoria”. Quale il suo giudizio sulla vicenda?
«Ho difeso l’autonomia professionale di Bruno Vespa e non condivido le critiche di chi, in nome di una presunta e distorta concezione della legalità, vorrebbe che la Rai fosse la voce del pensiero unico politicamente corretto dei giustizialisti e dei forcaioli».
Chiudiamo con l’Abruzzo. Torna spesso nella nostra regione? Anche dal settimo piano di Viale Mazzini continuerà a mantenere un’attenzione per la sua terra d’origine?
«Sono abruzzese, legato alle mie radici, e non ho alcuna intenzione di gettare al vento la preziosa esperienza fatta negli anni di presidenza del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Non a caso ho dato vita alla Fondazione Gran Sasso d’Italia, che ha il compito di promuovere le nostre aree interne. Da consigliere Rai spero di potere essere più utile del passato!».