di Elena Gramenzi
Il Gran Sasso Science Institute dell’Aquila ha contribuito, nella missione Dampe, alla scoperta di un particolare flusso di raggi cosmici.
FLUSSO DI RAGGI COSMICI: IL GSSI PROTAGONISTA DI UNA NUOVA SCOPERTA
Dal 2015, la missione DAMPE (DArk Matter Particle Explorer) è alla ricerca della materia oscura nello spazio. Il satellite DAMPE, dal dicembre 2015, orbita intorno alla terra ed è stato lanciato dall’Agenzia spaziale cinese a bordo del vettore Long March 2D con l’obiettivo scientifico di cercare la sfuggente materia oscura studiando le astroparticelle di alte energie, in particolare il flusso di raggi cosmici che giungono incessantemente sul nostro pianeta. L’esperimento nasce dalla collaborazione internazionale tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), la Chinese Academy of Sciences (CAS), le Università di Perugia, Bari e del Salento, e l’Università di Ginevra. La collaborazione è guidata dal Purple Mountain Observatory (PMO) di Nanjing e attualmente al progetto lavorano oltre 100 studiosi tra scienziati, tecnici e dottorandi. Questa importante missione ha rivelato proprietà finora sconosciute dei raggi cosmici galattici, particelle subatomiche provenienti dallo spazio che colpiscono la Terra a un ritmo incessante: alcune centinaia al secondo per ogni metro quadrato di superficie, al livello del mare. Il GSSI (Gran Sasso Science Institute) dell’Aquila ha contribuito alla scoperta con un gruppo di ricercatori membri della collaborazione internazionale.
MISSIONE DAMPE: IL CONTRIBUTO DEL GSSI NELLO STUDIO DEI RAGGI COSMICI
Il satellite ha ottenuto la prima misura diretta (con un livello di accuratezza mai raggiunto in precedenza) del flusso di raggi cosmici fino a energie elevatissime. L’esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati la scorsa settimana sulla prestigiosa rivista scientifica americana Science Advances, ha rilevato per la prima volta che questo flusso di particelle, che diminuisce continuamente con l’aumentare delle energie, a circa 10 TeV, presenta un’attenuazione molto più marcata del previsto. Il professore Ivan De Mitri, responsabile del gruppo DAMPE al GSSI, dove coordina anche il programma di dottorato in Fisica Astroparticellare, ha spiegato: «Sorgenti astrofisiche ancora poco conosciute riescono ad accelerare particelle cariche sino a energie milioni di volte maggiori di quelle raggiunte dai più potenti acceleratori costruiti dall’uomo. Attualmente tali fenomeni vengono studiati da scienziati di tutto il mondo usando apparati sperimentali molto diversi tra loro: satelliti in orbita nello spazio, rivelatori posti al suolo o sotto terra, dispositivi posizionati sotto il ghiaccio del polo sud e nelle profondità marine». Inoltre, per il Gran Sasso Science Institute hanno partecipato all’esperimento i ricercatori Guillermo Torralba, Ines Valino e i dottorandi Francesca Alemanno, Zhaomin Wang e Dimitrios Kyratzis.
IL CONTRIBUTO ITALIANO ALLA RICERCA
Proprio il GSSI, lo scorso dicembre, è stato teatro di un workshop internazionale nel corso del quale gli scienziati membri della collaborazione DAMPE hanno fatto il punto sullo stato delle ricerche in corso. Il contributo italiano alla realizzazione e alla conduzione dell’esperimento è stato determinante. Infatti, gli scienziati italiani hanno collaborato con i colleghi cinesi e svizzeri nella progettazione, costruzione e messa a punto dell’apparato, hanno coordinato i test dei rivelatori sia in laboratorio sia su fasci di protoni, elettroni e ioni presso gli acceleratori del CERN a Ginevra, hanno contribuito alla scrittura dei software di analisi e di simulazione e sono impegnati nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati. Il gruppo GSSI è attualmente impegnato sia nell’analisi degli altri dati provenienti dal satellite DAMPE, per estendere l’indagine che ha portato a questi risultati, sia nella progettazione di una nuova missione spaziale, HERD, con prestazioni ancora migliori, in collaborazione con lo staff dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso. Tale progetto, frutto anch’esso di una collaborazione internazionale, prevede l’installazione di un rivelatore di circa quattro tonnellate sulla stazione spaziale cinese, attualmente in costruzione. La missione permetterà di individuare il valore dell’energia massima raggiunta dagli acceleratori galattici e di cercare, con maggiore sensibilità, segnali di materia oscura nell’Universo!