Sono state tantissime le novità di questa edizione di Terra Madre Salone del Gusto di Torino: dall’ingresso libero, alle nuove location, alle tantissime attività che hanno coinvolto le realtà cittadine più disparate. Insomma una bella vetrina volta alla valorizzazione di eccellenze mondiali del cibo e del saper fare artigiano. La manualita? di queste persone, ultimo baluardo contro la globalizzazione, ha valorizzato prodotti tipici esaltando tradizioni centenarie. E? in questo contesto che Gaudenzio Ciotti, da diversi anni, sta proponendo forme nuove volte all’esaltazione di questo saper fare.
«I veri protagonisti dell’evento torinese Slow Food sono stati i prodotti ed i loro produttori – afferma il designer abruzzese -, ma dietro le quinte il lavoro di noi progettisti e? stato enorme. Packaging, grafiche, forme nuove pensate per attirare l’attenzione delle migliaia di visitatori». Durante l’evento in alcuni stand e vetrine di Torino è stato possibile scorgere tavolette o praline disegnate proprio dal designer abruzzese. «Sono soddisfatto quando trovo un mio prodotto esposto perche? capisco che ho lavorato bene in fase di progettazione. Quando vedi persone che si fermano, anche solo per fare una foto, capisci subito che il prodotto e? piaciuto anche all’utente finale».
Il food design oggi e? una leva strategica per le aziende ma soprattutto per gli artigiani che difendono strenuamente la propria identita? territoriale. Disegnare nuove forme per il cibo è una passione per Ciotti che da anni sperimenta nuovi design in vari campi dell’alimentare. «In molti pensano sia una moda dei nostri giorni, ma sin dalla notte dei tempi l’uomo ha cercato di dare una forma al cibo. Si tagliava a fette un frutto per renderlo piu? facile da mangiare e per renderlo piu? ergonomico. Il food design e? sempre esistito, ma non ha mai avuto un nome». Con l’avvento della produzione di massa le aziende hanno proposto nuovi prodotti, mettendo spesso in ombra la proprieta? intellettuale dei rispettivi autori.
E? un comportamento comune in tutti i campi dell’alimentare, che non da? importanza al designer ma vuole far risaltare solo il marchio dell’azienda produttrice. E? quello che emerge da alcune considerazioni che fa Ciotti in merito al suo lavoro di food designer. «Oggi l’unico rammarico che ho e? che non c’e? ancora una cultura del progetto. Difficilmente si trova un’azienda o un artigiano che menziona il nome dell’ideatore di un prodotto. Pensavo si trattasse di un’abitudine tutta italiana, ma anche all’estero non sono da meno».
La conferma Gaudenzio Ciotti l’ha avuta qualche mese fa, quando un suo prodotto ha vinto negli Stati Uniti il primo premio all’International Chocolate Salon di San Francisco. «Il mio nome non e? comparso minimamente. La cosa che fa piu? male e? che alcune aziende fanno credere che questi prodotti sono frutto di ricerca e sviluppo interni, ma alla fine acquistano semplicemente il prodotto da un rivenditore». Da anni Ciotti si sta battendo per questa causa e con alcuni artigiani e aziende sta creando prodotti che valorizzano il lavoro di ogni attore del processo creativo. «Credo sia doveroso riconoscere i propri limiti, perche? e? un buon punto di partenza per una crescita costante e condivisa. Inoltre in questo modo si dara? il buon esempio alle generazioni future che, in questo panorama di correttezza reciproca, si sentiranno piu? stimolate a dare continuita? alle realta? artigiane, zoccolo duro del nostro Made in Italy».