JEAN-PIERRE FABRE BRUOT, DA PESCARA A EY

di Andrea Beato

Cittadino francese, ma con origini abruzzesi, il manager ricopre in Ey il ruolo di “ Products & services procurement director” in tre regioni Emeia e parte dell’Asia.

NATO A PESCARA JEAN-PIERRE FABRE BRUOT, MANAGER DI EY

Dal nome sarebbe stato impossibile risalire alle sue origini. La segnalazione di un nostro autorevole partner milanese ci ha però permesso di scoprire che Jean-Pierre Fabre Bruot è nato a Pescara. Cittadino francese, con radici abruzzesi. «Radici capaci di far crollare, in un colpo solo, tutto lo charme transalpino che piace alle donne – scherza -». Il manager è un mix di competenza e preparazione, sarcasmo e allegria. Lo avevamo intuito andando a curiosare sul suo profilo LinkedIn, primo spunto per preparare l’intervista, e trovando, tra i commenti, queste righe lasciate da uno dei membri del social network: “Jean-Pierre riesce a combinare la capacità analitica con la sua abilità nel problem solving per raggiungere il risultato, sempre con lo humour e un pizzico di autoironia che lo contraddistinguono”. Lo abbiamo intercettato durante una pausa nella città dannunziana. Non vacanza, perché ormai in un colosso come Ey lo “smart working” è davvero realtà. E così, quasi trasferendo il proprio ufficio in spiaggia, si può anche tenere una proficua call operativa con un collega che si trova a migliaia di chilometri di distanza, online dal suo cottage nel Peloponneso. «Mia madre è di Città Sant’Angelo (Pescara) – esordice Bruot -. Pur crescendo a Grenoble, qui venivo a trascorrere ogni estate insieme alla famiglia. Con un papà architetto innamorato dell’Italia, ci siamo trasferiti a Roma, dove ho frequentato il Liceo Chateaubriand. Per l’università Economia aziendale alla Bocconi e un mba di perfezionamento a Parigi». La prima esperienza lavorativa in Booz Allen Hamilton, fino a diventarne “senior associate”. «Non mi sono fatto mancare una parentesi come direttore marketing in Tnt Global Express e la possibilità di vivere da vicino il boom della “new economy”, a cavallo del 2000, come “managing director” di un incubatore chiamato Grapes E-Vision, arrivando successivamente alla capogruppo Grapes Network Services».

LA CARRIERA DI JEAN-PIERRE FABRE BRUOT IN EY

Ancora nella consulenza con Capgemini, dove rimane quattro anni e mezzo, per approdare in Ey nel Settembre 2008. «Inizialmente con il ruolo di “executive director” e dopo alcuni passaggi di carriera come “Products & services procurement director” per le aree di Mediterraneo, Scandinavia, Germania, Austria e Svizzera, Europa dell’Est e buona parte dell’Asia». Posizione globale, che occupa da più di tre anni, e che ha molto a che fare con il “facility management”, impegnandosi nella gestione e ottimizzazione dei costi indiretti. «Sotto la mia guida un team di 35 risorse, 290 milioni di dollari di acquisti e 80 Paesi interessati». Una razionalizzazione che riguarda, nello specifico, l’amministrazione operativa degli uffici, l’ambito delle risorse umane, l’acquisizione di profili esterni, subcontractor o free lance, il marketing… Tutto in un’ottica strategica e di maggiore condivisione tra i player coinvolti, a supporto del business generale e in linea con la “Vision 2020” dell’azienda, per costruire un mondo del lavoro migliore e rendere Ey l’organizzazione di servizi professionali leader. «Un’occupazione stimolante, ricca di sfide e in cui mi sto divertendo tanto. Molto tempo lo trascorro in India, dove sono presenti alcuni nostri “Global delivery services”», centri di assistenza e supporto che forniscono servizi profondamente integrati, in grado di portare soluzioni efficienti e di livello internazionale. Poi Cina, Emirati…». Uno sguardo così ampio che tornare all’Abruzzo è come prendere in considerazione un granello di sabbia. «Ma questa è una terra che amo e che sto riscoprendo grazie a mio figlio. Ha tredici anni e gli ho promesso di portarlo a visitare oltre alla costa, i bellissimi luoghi dell’interno. È una regione che andrebbe valorizzata meglio sotto l’aspetto turistico. Spero che terremoto e neve dell’inverno passato non abbiano scalfito la tenacia e la forza della sua gente. Sarebbe davvero un peccato far prevalere un senso di rassegnazione, una mancanza di energie e sottovalutare le reali potenzialità. Le persone qui sono speciali, riescono subito ad accoglierti, ad aprirsi ed entrare in confidenza. E ogni volta che torno a Pescara, imboccare Corso Umberto, è come sentirsi a casa».