di Maurizio Ottaviano Delfino*
Crediamo che conoscere e comunicare un territorio, la sua economia, i suoi protagonisti più coraggiosi conduca con sempre maggiore urgenza ad allargare lo sguardo al mondo intero e ancor meglio a lasciarsi guardare e misurare. Abruzzo Magazine lo ha sempre fatto, in questo caso ospitando contributi straordinari su una traccia cruciale e sfidante, specie per la nostra piccola regione, che è fatta di reputazione e identità, in un contesto dove in qualche modo qualcuno mette nero su bianco, e lavora, a cambiamenti epocali. Perciò abbiamo messo insieme queste idee, convinti che ora o mai più, è giunto il tempo di decidere una fisionomia, una proposta, come spiega lo splendido articolo di Wolf Hardt sui temi del turismo, di accettare i canoni e le regole – non sempre scritte – dei migliori nel mondo, come introduce il focus sulla “reputazione” su cui torneremo per il suo valore di chiave di volta, ricco di implicazioni e potenzialità straordinarie. E abbiamo deciso di riferire del G20 di Brisbane, con la persuasione che, anche se difficilissimo, deve essere posto finalmente il problema di investire, in chiave culturale e istituzionale, tempo e risorse a distinguere fra le chiacchiere e le trasformazioni vere, che poi zitte zitte arrivano e tolgono la terra sotto i piedi a chi non sa o no ha capito. E allora cosa c’entra Roma e l’ennesimo, per nulla sorprendente, scandalo, in attesa del prossimo? C’entra perché da una parte senza sciogliere cinque o sei nodi, sempre quelli, l’Italia non ce la fa, e quindi nonostante il nostro vino, i trabocchi e la Sevel, nemmeno noi. Dall’altra v’immaginate se fossimo capaci di anticipare qualche riforma e far vedere che siamo capaci di far da soli? Il tema è quello degli appalti, ma anche quello delle società partecipate (volgarmente le municipalizzate). La recente nuova direttiva europea sugli appalti punta – attenzione – a una maggiore discrezionalità delle stazioni appaltanti, in una cornice dove sia tutto assolutamente noto e trasparente e dove regni sovrano il principio della professionalità, come anche quello del premio per i risultati. Chi dimostra di saper spendere i soldi pubblici, mettendo insieme qualità e risparmi secondo la gerarchia dei bisogni, va premiato. Appalti mediamente in Europa significa 18-20% del Pil, oppure 35-36% della spesa pubblica. L’Italia, fra gli altri primati, ha il numero di stazioni appaltanti (incerto, secondo alcuni 35.000, che scriviamo anche a lettere come sugli assegni, trentacinquemila) e una pressoché o almeno frequente assenza di notizie e di dati certi. Molti osservatori regionali hanno comunicato i dati con due anni di ritardo. Molti dati incompleti, nessun motore o cervellone che li racchiuda e li elabori. Un decreto di aprile prevedeva che entro giugno almeno le stazioni appaltanti per beni e servizi fossero ridotte a una per provincia. Naturalmente siamo a fine anno e la cosa è morta lì. Il resoconto sulle cosiddette municipalizzate (società a capitale o a controllo pubblico), tante volte esaminato dalle testate nazionali e da pubblicazioni specialistiche, è ancor più desolante. Di migliaia non si sa nulla (tranne i buchi di bilancio che generano), migliaia non hanno adempiuto alla legge sulle informazioni obbligatorie che avrebbero dovuto offrire, migliaia prive di sostanziale attività. Chi sa se la direttiva sugli appalti farà la fine di quella sui rifiuti: Italia inadempiente, 42 milioni di multa, il ministro nega e commenta in tempo reale che l’ Italia non pagherà. Pensare, ed è un appello ad alcuni grandi e ricchissimi imprenditori abruzzesi, che in molte zone del mondo il settore sta diventando una miniera d’oro e d’innovazione di civiltà. La tentazione di concludere con un commento a due commenti sul caso Roma, raccapriccianti, per inciso, di due esponenti di massimo livello del governo sarebbe fortissima. Ma tradiremmo la tradizione di Abruzzo Magazine. Che vuole continuare a raccontare la regione, i tanti suoi gioielli, talvolta ancora grezzi, talvolta un po’ segreti, ancora in grado di rappresentare una speranza. Ma non c’è più nulla di scontato.
* Quarantenne, pescarese, ha fatto il conservatorio, il liceo classico e Giurisprudenza, laureandosi con una proposta di legge sul tema del fumo passivo. Ha viaggiato molto nel mondo. Lavora in banca, come legale interno, prima con Banca Intesa, grande palestra, poi in una piccola e gloriosa Cassa di risparmio, ora in un’interessante realtà di grande banca popolare. Giornalista pubblicista scrive soprattutto di banca, economia e territorio.