IL TESSILE ABRUZZESE ANALIZZATO DA EULER HERMES

Partendo dal contesto nazionale, i professionisti di Euler Hermes analizzano il comparto che rappresenta per la nostra regione un vero e proprio valore aggiunto.

LA TRASFORMAZIONE DELLA MODA ITALIANA

Il tma (tessile, moda e accessori) tricolore, con un fatturato di circa 100 miliardi di euro, è uno dei pilastri dell’economia italiana ed europea. Nella manifattura è secondo, in termini di ricavi, solo alla meccanica. Si tratta quindi di una fetta consistente del Pil nazionale, pari a circa il 5%, per un comparto che è cresciuto con regolarità negli ultimi anni (circa il 2-3%) accumulando consistenti surplus commerciali, specie nel settore della moda femminile. Questi risultati sono ancora più importanti se si considera la concorrenza agguerrita da parte delle aziende straniere (francesi, tedesche e spagnole in particolare), che fatturano mediamente più delle aziende nostrane e sono molto attive nelle acquisizioni. La lista dei marchi della moda italiana finiti all’estero è molto lunga, anche perché il settore ha migliorato negli ultimi anni la propria solidità e redditività di pari passo col miglioramento del clima economico. Nonostante i numeri favorevoli, però, la moda italiana ha subito una profonda trasformazione negli ultimi vent’anni, in particolar modo dopo la comparsa nell’Organizzazione mondiale del commercio della Cina e la conseguente invasione di prodotti a basso prezzo. È cresciuta così la competizione internazionale, che ha portato molti Paesi, tra cui proprio l’Italia, a spostarsi nella fascia di produzione premium, a valore aggiunto, marcando ancor di più la polarizzazione delle attività presenti sul nostro territorio. Per questo se nel 1992 il settore occupava 1.1 milione di addetti oggi se ne contano 800mila. E seppur vantiamo un numero di aziende italiane elevato, quasi 200mila, il sistema nel suo complesso sconta ancora una dimensione media delle imprese molto ridotta, con maggiore esposizione all’andamento dei fattori esterni e del mercato. Una controtendenza rispetto al panorama internazionale, dove invece i marchi si concentrano soprattutto all’interno di gruppi che godono di una “brand identity” già forte e investimenti in comunicazione e distribuzione garantiti. Gli ultimi dati macro restituiscono però la fotografia di un settore in chiaroscuro, un po’ come l’economia nel suo complesso, e anche le industrie settoriali regionali ne risentono.

IL SETTORE IN ABRUZZO PARTENDO DALLA “DENIM VALLEY”

Il tessile-moda abruzzese è caratterizzato da un campione di aziende molto variegato per classe dimensionale, natura giuridica e caratteristiche strutturali. Fra abiti e scarpe vale oltre 800 milioni di euro di fatturato cumulato, con una produzione che trova mercato anche nei principali Paesi europei ed extra-europei destinatari del Made in Italy. L’Abruzzo è regione leader, da oltre quarant’anni, nella ricerca e nella produzione del jeans. Molto nota è la “denim valley” della Val Vibrata, in provincia di Teramo, che rappresenta un’eccellenza assieme ai distretti della Lombardia, del Veneto e delle Marche. Questo polo tessile negli anni novanta era considerato un santuario dell’abbigliamento e del casual, locomotiva dell’economia locale. Dopo un periodo di crisi a cavallo dei due millenni, trova oggi una nuova collocazione nel “contoterzi”, a favore di noti brand italiani e internazionali. La crisi della fine del primo decennio degli anni 2000 e l’introduzione di sanzioni a carico di Paesi importatori di prodotti tessili abruzzesi, come la Russia, ha drammaticamente ridotto l’occupazione, colpendo molte aziende di media grandezza, il cui numero è in continuo calo. Hanno resistito meglio le Pmi artigianali che, grazie alla qualità e alla flessibilità della produzione, sono riuscite a far fronte al crollo delle esportazioni nel 2014. Oggi gli oltre 400 player tessili abruzzesi si concentrano in maniera netta nella parte settentrionale della regione, in particolare nella provincia di Teramo che rimane una delle zone più industrializzate. Sulla zona costiera, invece, si trovano molte imprese del settore della pelletteria.

LE PERFORMANCE NAZIONALI E LOCALI CHE RIFLETTONO L’ECONOMIA GLOBALE

Il settore tessile-moda made in Italy sta vivendo un momento di difficoltà per la frenata dell’economia globale, che si riverbera sui singoli settori e sui singoli mercati. La produzione nel primo quadrimestre del 2019 ha chiuso con una variazione negativa rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in linea con il manifatturiero nel suo complesso. Il fatturato per ora tiene, segno che si riesce a recuperare dal lato prezzi. Ad aprile la variazione tendenziale (sullo stesso periodo dello scorso anno) è stata di +0,8% e gli ordinativi sono cresciuti di un confortante +6,8%. La domanda però langue, turbata all’interno dalla riorganizzazione della distribuzione, dall’avvento dell’e-commerce e dai consumi interni ed europei non brillanti. La chiusura dei negozi sta frenando anche i buyer esteri alle fiere. Per quanto riguarda le vendite, sempre allo scorso aprile, si registrano variazioni tendenziali con flessioni marcate per calzature e articoli in cuoio, da viaggio (-3,3%) e abbigliamento e pellicceria (-1,3%). Ciò dopo che lo scorso anno le spese per articoli appartenenti a questo settore sono calate dell’1,7%. Ci si aspetta però una leggera spinta dall’apertura della stagione dei saldi. Sul lato export, pur rappresentando una quota contenuta delle vendite estere della moda italiana, l’Abruzzo ha mostrato nel 2018 segni di grande vivacità, con incrementi superiori rispetto agli altri settori presenti nella regione (+20,8% contro +3,9%). Ottima la performance per il comparto dell’abbigliamento (+6% per il distretto nord-abruzzese, che comprende la Val Vibrata in provincia di Teramo, e +15,6% per il distretto sud-abruzzese), diretto prevalentemente ai mercati maturi, mentre sono rimasti sostanzialmente stabili i mercati emergenti. Nel primo trimestre del 2019, però, l’export ha rallentato di pari passo con l’avversa congiuntura economica internazionale. Ha infatti chiuso in positivo solo grazie agli “articoli in pelle e simili”, che hanno registrato uno stratosferico +51,3% sui mercati esteri, in accelerazione del +45,9% dal 2018 grazie alle spinte della provincia di Teramo e Chieti. Il settore è uno dei driver del lusso e in prospettiva, punta il mercato cinese che, a medio termine, assorbirà metà del mercato globale. In negativo, sempre nel primo trimestre, le variazioni all’export dei prodotti tessili e degli articoli di abbigliamento rispetto allo scorso anno. Il freno al momento è soprattutto dimensionale, in quanto gli operatori del settore, che sono in buona parte piccoli laboratori artigianali trasformati in poco tempo in realtà industriali di successo, faticano a raggiungere i mercati lontani, nonostante l’ottimo rapporto qualità prezzo dei prodottihand made”.